E DOPO TRENTO… ROMA!/11


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(1948-1965)

di Oreste Paliotti

Se Trento è stata la “culla” dei Focolari, la tappa successiva, quella della “presentazione al Tempio” per così dire, non poteva essere che Roma. Per la sua vocazione cosmopolita, la Città Eterna costituiva il necessario trampolino di lancio per l’espansione mondiale del Movimento; e quale centro della cristianità doveva dare il suggello della gerarchia ecclesiastica a questa nuova opera sorta in seno alla Chiesa. Quelli che ora andiamo a scorrere in sintesi sono appunto gli anni “eroici” in cui l’ideale dell’unità ha messo radici nella Città Eterna. In questa undicesima puntata passiamo in rassegna il 1958.

1958. Una città non basta. Morte di Pio XII

Siamo alla fine degli anni Cinquanta: «un periodo – scrive Paolo De Maina – denso di trasformazioni, di passaggi anche epocali, che ridisegnava la società non solo italiana, dove speranza, desiderio di regole nuove e di nuove libertà creavano un mix non sempre gestito e gestibile. Nuove e vecchie paure si affacciavano all’orizzonte e si sentiva la necessità di serrare le fila con valori profondi». Ecco lo scenario in cui, «con uno sguardo profetico sull’impegno sociale e sulla città», nasce lo scritto di Chiara Una città non basta. Apparso per la prima volta sul numero di agosto di Città Nuova, questo manifesto programmatico chiaramente ispirato all’esperienza dei primi focolari, inizia così: «Se vuoi conquistare una città all’amore di Cristo, se vuoi trasformare un paese in Regno di Dio, fa’ i tuoi calcoli…». E’ il 1958: nove anni sono trascorsi da quell’altro straordinario testo noto come La resurrezione di Roma.

La Mariapoli quest’anno s’intitola “Expo di Dio” con riferimento all’Esposizione mondiale tenutasi a Bruxelles, dove Chiara ha soggiornato dal 16 al 18 maggio (conoscendovi tra l’altro padre Richards Peyton, apostolo della Crociata del Rosario). Dal 15 al 17 settembre la troviamo invece a Lourdes, la “Città-Chiesa”, dove s’è recata per il centenario delle apparizioni assieme ad un gruppo di focolarine e focolarine (tra questi, Lia, Fiore e Marco in procinto di partire per il Brasile).

Il 4 ottobre Pio XII riceve Giordani ed invia una speciale benedizione «per i focolarini e per il Movimento» che ha il valore di un’approvazione orale. «È’ ora che usciate – incoraggia il papa –, e se siete stati esaminati a lungo è perché la soluzione che si voleva dare per il vostro Movimento fosse la migliore». Il 9 ottobre, però, papa Pacelli muore senza aver avuto il tempo di approvare la nuova Regola da lui definita «immacolata», per dire che doveva rimanere così (era rimasta ai suoi occhi solo la problematica dei sacerdoti inseriti nel Movimento). Immenso il dolore di Chiara per questa perdita che rinvia a chissà quando ancora il suggello ufficiale.

In seguito al crescere delle difficoltà, in questo stesso anno, l’Opera – racconta sempre padre Novo – è stata «costretta a trovare un polmone di respiro all’estero: da Bruxelles, dove si è andati a fondare un focolare, l’Ideale ha cominciato ad irradiarsi in Belgio, Olanda, Lussemburgo, Germania, Francia e quindi in tutta Europa. Vedendo i frutti, vari vescovi europei hanno appoggiato quest’Opera nascente, influendo con la loro autorevolezza anche sull’episcopato italiano, che ha cominciato ad assumere un atteggiamento più flessibile».

La diffusione non riguarda però solo il Vecchio Continente e per la prima volta alcuni apostoli dell’unità ne varcano i confini: sono Lia, Fiore e Marco, che il 26 ottobre, festa di Cristo Re, dall’aeroporto di Ciampino prendono il volo per il Brasile, con tappe a Recife, Rio de Janeiro, San Paolo…

Visitando la Roma di Chiara

Sant’Ignazio di Loyola in Campo MarzioTra le più belle chiese barocche di Roma e le più ricche di opere d’arte, adiacente al Collegio Romano di cui era la cappella universitaria, erge la sua maestosa facciata in travertino nella scenografica piazza omonima. Famosa per la simulazioni prospettiche della volta e della finta cupola, opera del pittore gesuita Andrea Pozzo, custodisce i corpi di diversi santi della Compagnia di Gesù: Luigi Gonzaga, Roberto Bellarmino e Giovanni Berchams. Il primo, ricordato più volte da Chiara per l’episodio in cui, giovanissimo, giocava a palla. Un altro corpo conservato in Sant’Ignazio è quello di padre Felice Maria Cappello (1879-1962), soprannominato “il confessore di Roma” (nel suo confessionale sono esposti vesti e oggetti a lui appartenuti), di cui è in corso la causa di beatificazione. Il 12 febbraio 1958, dopo averne parlato a lungo con Pasquale Foresi e chiesto il parere anche di alcuni religiosi appartenenti al Movimento, Chiara decise di rivolgersi a questo famoso giurista, consultore di molte congregazioni romane e del papa stesso, che ad un’impareggiabile preparazione ed esperienza univa un’apertura e una sensibilità alle nuove realtà che sorgevano nella Chiesa. Il consiglio da chiedergli, tramite padre Angelo Beghetto e padre Andrea Balbo (Novo), riguardava i voti dei focolarini sposati: non era chiaro, infatti, se il tipo di voto emesso dovesse essere quello autorizzato allora da padre Tomasi o il voto di vivere la castità secondo l’enciclica Casti Connubii, cioè l’impegno a vivere come ogni cristiano dovrebbe, rinforzato dal voto. Padre Balbo così ricorda quell’episodio: «Padre Cappello aveva allora 83-84 anni. Noi ci siamo preparati bene. Siamo andati nel suo studio e padre Cappello, udita la nostra esposizione, ha detto che (…) il voto di castità concepito nel diritto canonico è quello riferito ai vergini, ma lui stava portando avanti degli sposati a cui faceva fare il voto di castità “secondo” lo stato matrimoniale. Non si trattava di entrare nella struttura del diritto canonico, ma di adattare la struttura ai vari stati di essere e di vivere. Questa distinzione è stata la cosa fondamentale. Per cui padre Cappello consigliava che anche gli sposati facessero i loro voti di povertà, castità, obbedienza e ha confermato che la materia del voto c’è, perché è l’uomo che liberamente si consacra a Dio, secondo il suo stato. Mi ricordo che anche per don Foresi questa sua risposta fu una sorpresa. Quando abbiamo ascoltato questo parere di padre Cappello, è stata una liberazione. Infatti nessuno aveva la possibilità di fare delle distinzioni del genere, perché il diritto canonico di allora era molto chiaro: era il Codice del 1917».

Santa Maria in ViaSita nel rione Trevi, all’angolo tra via del Tritone e la via che da essa prende il nome, questa chiesa ha origini antichissime, che risalgono al X secolo. Più volte riedificata, si presenta ora in stile barocco. Di notevole, all’interno, è la cappella detta del Pozzo, creata durante il pontificato di papa Alessandro IV per ospitare l’immagine della Madonna trovata nel 1256 in un pozzo dal cardinale Pietro Capocci. È un’altra tra le chiese frequentate da Chiara e dove talvolta, verso la fine degli anni Cinquanta, si dava appuntamento la comunità romana per la messa domenicale. Ad una di queste messe venne invitata da alcuni suoi colleghi universitari Maria Voce (Emmaus); e lì incontrò Chiara per la prima volta. Il suo racconto: «Era il mese di maggio del 1959. Non sapevo che Chiara vi avrebbe partecipato; al termine mi hanno avvertito che la signora seduta al primo banco era lei. Avevo avvertito, però, che quella chiesa era come un blocco, per la fortissima unità d’intenti tra i presenti».

Madonnella di San MarcoIl quattrocentesco Palazzo Venezia, nell’omonima piazza, ospita questa cappella dove è possibile fare una sosta di preghiera davanti al Santissimo, che vi è sempre esposto. È uno dei centri di preghiera più frequentati di Roma, affidato alle Figlie della Chiesa. Igino Giordani intrattenne una corrispondenza spirituale con la fondatrice, la serva di Dio madre Oliva Maria Bonaldo. Quando Chiara si trovava a passare per piazza Venezia, di solito si fermava a pregare alla Madonnella di San Marco. La visita quotidiana a Gesù Eucaristia: più volte lei ha parlato dell’importanza di questo gesto d’amore, come nel testo seguente: «Se le grandi personalità, anche non cattoliche, sentono il dovere, quando vengono a Roma, di chiedere un’udienza con il Santo Padre riconoscendo in lui una personalità di livello mondiale, che cosa dobbiamo fare con Gesù, Uomo Dio presente in terra nelle nostre chiese? Il minimo è fargli quotidianamente una visita. La visita quindi al Santissimo Sacramento ha proprio il significato d’una visita per dire a Gesù che comprendiamo ciò che lui ha fatto per noi e per tutti e che non ci sfugge la portata della sua presenza sulla terra» (Collegamento CH, 11 febbraio 1988)

San Giovanni in LateranoSolenne e maestosa nella facciata dovuta ad Alessandro Galilei, luminosa nell’interno trasformato dal Borromini, questa basilica dedicata al Santo Salvatore fu costruita nella zona dei palazzi dei Laterani, ceduti da Costantino al papa Melchiade, sul luogo della caserma degli equitessingulares facenti parte dell’armata dello sconfitto Massenzio. Dal IV al XV secolo il complesso del Laterano, sorto attorno alla basilica costantiniana, fu la sede e il simbolo del papato. Prima chiesa dei papi, è rimasta tale attraverso le vicissitudini della storia della sposa di Cristo: per questo, nel 1962, Giovanni XXIII volle trasportare nel palazzo adiacente il Vicariato di Roma, cioè la sede centrale dell’amministrazione della diocesi di cui il papa è vescovo. Mirabile il chiostro duecentesco dei Vassalletto. Importantissimi i monumenti nelle immediate adiacenze: a fianco della basilica la Scala Santa, dove la tradizione colloca la scala del pretorio di Pilato a Gerusalemme, che Gesù avrebbe salito e disceso; e, nella piazza laterale, dove svetta l’obelisco egiziano più alto e più antico dell’Urbe, il battistero del IV secolo, dove avvenivano tutti i battesimi della comunità cristiana in Roma. Ma torniamo alla basilica. Il 12 aprile 1984, in occasione del Giubileo dei giovani voluto da papa Wojtyla, essa contenne a stento i numerosissimi giovani venuti ad ascoltare Chiara. Memorabile, dopo la presentazione del card. Opilio Rossi, il discorso da lei tenuto sulla “gioia” che nasce dalla sequela di Cristo, discorso corredato dalle testimonianze di quattro gen. Un lungo intenso applauso seguì alla conclusione di Chiara: «Carissimi giovani, il mondo sarà fra poco nelle vostre mani. Non vogliate privarlo della gioia. Voi vi aprirete sin d’ora su un mondo indifferente, secolarizzato, agghiacciato dall’ateismo e che attende da voi la gioia vera, quella che non inganna. Che questo Giubileo segni il passo deciso verso il suo possesso».

Santa Croce in GerusalemmeQuesta antica basilica, distante poco meno di un chilometro da quella di San Giovanni in Laterano, è una delle sette chiese di Roma che i pellegrini dovevano visitare a piedi in un giorno intero. Fu edificata nel luogo dove erano i palazzi di Elena, la madre di Costantino, per custodirvi le reliquie della croce di Cristo da lei rinvenute in occasione di un suo viaggio in Terra Santa. Visitando questa chiesa, Chiara conobbe la storia meravigliosa di una bambina ivi sepolta, morta santamente a sette anni non ancora compiuti: Antonietta Meo, detta familiarmente “Nennolina” (nel 2007 è stata dichiarata venerabile da Benedetto XVI). La basilica intitolata alla Croce suggerì a Chiara questi pensieri: «Forse nessuna cosa è più enigmatica della croce, più difficile da concepire; non penetra nella testa e nel cuore degli uomini. Non entra perché non è capita, perché siamo diventati cristiani di nome, appena battezzati, forse praticanti, ma immensamente lontani da come ci vorrebbe Gesù…».

(continua)

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