CLAUDIA KOLL
VALERIA CONTADINO
UGO BENTIVEGNA
“REFUGEES”
ideato e diretto da Ugo Bentivegna
Ore 20.30 TEATRO QUIRINO
Liberamente tratto da: “La notte della fuga”
Edito da: Avagliano Editore
A cura del Centro Astalli
Adattamento testi: Donatella Parisi
Ore 20.30 TAVOLA ROTONDA CON ESPERTI, MODERATRICE LA GIORNALISTA DELLA SANTA SEDE PINA TRAINI
Sinossi “Refugees” è uno spettacolo che attraverso prosa, danza, canto, musica, immagini e suoni si impegna a dare voce a coloro che voce non hanno: i Rifugiati. Un excursus storico di rifugiati celebri nella storia apre lo spettacolo, corpo dello spettacolo sono quattro storie vere aventi come protagonisti quattro ragazzi provenienti dal Kurdistan, dalla Colombia, dalla Mauritania e dalla Repubblica Democratica del Congo, giunti a Roma e legati dallo stesso destino. Lo spettacolo continua con una breve descrizione statistica dei rifugiati nel mondo e degli emigranti italiani agli inizi del ‘900 che introduce l’interpretazione di una storia (che trova origine dalla fusione di alcune testimonianze) di una giovane italiana emigrata in Argentina. La conclusione è affidata alla proiezione di un reportage fotografico inedito sugli attuali sbarchi degli immigrati a Lampedusa.
Posto unico € 12 Botteghino 06.6794585
Acquista On line su www.teatroquirino.it
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“REFUGEES”
“Refugees” è uno spettacolo che vuole dar voce a coloro che voce non hanno: i rifugiati. Questo termine, spesso usato impropriamente, racchiude diverse tipologie di persone note e sconosciute, ma pur sempre esseri umani, segnate da un destino avverso.
“Refugees”, attraverso quattro storie vere, scelte fra alcune, tratte dal libro “La notte della fuga”, edito da Avagliano Editore e curato dal centro Astalli, vuole arrivare a rappresentare simbolicamente la figura del rifugiato tipo.
Dopo una stretta collaborazione con la scrittrice, Donatella Parisi, è sembrato opportuno riadattare con la stessa, per una migliore fruizione teatrale, quattro storie selezionate, che vedono protagonisti dei ragazzi provenienti dal Kurdistan, dalla Colombia, dalla Mauritania e dalla Repubblica Democratica del Congo, giunti a Roma e legati dallo stesso destino.
“Refugees” racchiude prosa, danza, canto, musica e immagini che fondendosi insieme costituiscono uno spettacolo capace, attraverso storie toccanti, di aiutare lo spettatore a riflettere e a immedesimarsi.
Lo spettacolo si apre con un excursus storico di rifugiati celebri nella storia, affidato alla voce dell’attrice Valeria Contadino (attraverso una breve biografia di rifugiati celebri, come Miriam Makeba, Isabelle Allende, Albert Einstein, Rudolf Nureyev, Cristo) a cui segue una atmosfera di buio e silenzio interrotta da una “voce” che intona il famoso brano “Gracias a la vida”. Suoni, corpi, silenzi e immagini, introducono i protagonisti dello spettacolo.
Corpo dello spettacolo sono le quattro storie lette dai due attori, Claudia Koll e Ugo Bentivegna, accompagnate da brani suonati dal vivo al pianoforte da Marco Ciardo, intervallate dalla voce di Enrica Arcuri (con le canzoni “The Bridge” di Elton John, “Solo per te” dei Negramaro, “Io non ho paura” di Fiorella Mannoia, “Sailing” di Rod Stewart) e dalle coreografie di Vito Blasi e Agnese Allegra.
Al giovane attore Stefano Grillo è affidata una breve descrizione statistica del processo migratorio in Italia e nel mondo, evidenziando come sia di forte attualità un fenomeno universale che trova le sue origini nel lontano passato.
Ed è al passato che si rifà un’ultima storia, l’unica ad essere interpretata e a trovare origine dalla fusione di alcune testimonianze degli inizi del ‘900.
Ad interpretare Maria, protagonista della storia, è l’attrice Valeria Contadino, che ci riporta alla figura dell’italiano emigrante in Argentina nei primi anni del Novecento, come metafora dell’attuale esodo al quale assistiamo tutti i giorni con gli sbarchi a Lampedusa.
Il racconto arricchito dal suono del pianoforte ed accompagnato da passi di danza, si traduce nella scoperta della protagonista di una sorta di ritmo, un “ritmo della vita” che coinvolge non solo le persone immigrate o autoctone, ma l’intero genere umano.
Sentire questo ritmo è sentirsi partecipi di una comunità che è quella umana (perché se le musiche sono connotate culturalmente, il ritmo è universale) e la pulsazione che sente Maria è quella di un’appartenenza che coinvolga tutti e che dia un’identità generale capace di accogliere le differenze di ciascuno (come risposta al suo forte senso di nostalgia, di ciò che era ed aveva, e d’incertezza, di ciò che ancora non si è e ciò che ancora non si ha).
Suoni e passi al termine del racconto si trasformano in un ballo: il tango. Quest’ultimo, le cui origini coincidono con il racconto, è l’espressione visibile di una fusione armoniosa di musiche e di danze che si traduce in quel “ritmo” di cui narra la storia.
Lo spettacolo si conclude con un inedito reportage fotografico sugli sbarchi degli immigrati a Lampedusa, accompagnato dalle note iniziali di “Gracias a la vida”.
Segue la prima parte dell’incipit dello spettacolo e alcuni estratti dei quattro racconti:
INCIPIT:
Nel corso della storia, in ogni regione del mondo, individui o intere popolazioni hanno abbandonato le loro case per sfuggire a persecuzioni, conflitti armati e violenze. Mentre oggi almeno 50 milioni di persone nel mondo stanno vivendo questa esperienza, i paesi, ricchi o poveri, chiudono loro le porte. In Europa occidentale i richiedenti asilo devono fare i conti con leggi restrittive, finalizzate a prevenire le richieste di asilo o ad agire da deterrente. Ma i rifugiati sono persone come noi, persone che, prima di essere costrette a fuggire, avevano una famiglia, una casa, un lavoro; possono essere persone di talento, che con il loro bagaglio culturale e di esperienza sono in grado di dare molto a chi offre loro asilo ….
Nisam (Kurdistan)
“… Mi ricordo che quando i soldati venivano al villaggio mio padre e mia madre buttavano via in fretta tutte le cassette di musica. Hanno provato a toglierci anche le parole, a renderci muti in una terra senza suoni …”
Isabel (Colombia)
“… Una sera mentre stavo facendo addormentare Marianna, sentii bussare alla porta. Aprii e un uomo dal volto coperto mi disse soltanto «vattene via dalla Colombia». Era un avvertimento, una minaccia di morte, un consiglio? Forse capirlo non era necessario, quel che contava era solo il contenuto del messaggio: andare via, e farlo subito. Ero terrorizzata per me e per la piccola, che allora aveva solo 20 mesi …”
Cheik (Mauritania)
“… Sulla foresta c’era una nube nera, e un odore tremendo di bruciato. E io correvo più veloce che potevo, volevo solo tornare a casa. Al villaggio, il fumo era fitto: tutto era in fiamme, non distinguevo la mia casa. C’erano degli uomini, e chiesi loro aiuto. Ma mi fermarono, mi bloccarono, mi costrinsero a salire su una jeep con altri bambini e ragazzi, tutti terrorizzati …”
Marlen ( Repubblica Democratica del Congo)
“… Due militari in borghese sono arrivati a casa mia, mi hanno bendata e caricata su una macchina. Mi hanno sdraiato sul sedile di dietro a pancia in giù, mentre appoggiavano con forza sulla mia schiena i loro gomiti, per tenermi immobilizzata.
Avevo tantissima paura, erano tutti uomini, tutti enormi … è stato molto difficile …”
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