(1948-1965)
di Oreste Paliotti
Se Trento è stata la “culla” dei Focolari, la tappa successiva, quella della “presentazione al Tempio” per così dire, non poteva essere che Roma. Per la sua vocazione cosmopolita, la Città Eterna costituiva il necessario trampolino di lancio per l’espansione mondiale del Movimento; e quale centro della cristianità doveva dare il suggello della gerarchia ecclesiastica a questa nuova opera sorta in seno alla Chiesa. Quelli che ora andiamo a scorrere in sintesi sono appunto gli anni “eroici” in cui l’ideale dell’unità ha messo radici nella Città Eterna. In questa ottava puntata passiamo in rassegna il 1955.
1955. Oltrecortina. Pellegrinaggio a Fatima
Nel 1955 Chiara trasloca in un appartamento più grande, su due piani, in via Valnerina n. 58 (altro ingresso in piazza Palombara Sabina n. 13). Vi rimarrà per un decennio. In varie conversazioni sviluppa l’idea del legame tra Assisi-Parigi-Hollywood, che avrà un suo sviluppo nei decenni successivi (con la Scuola Abba, l’Istituto universitario Sophia e le “inondazioni” degli anni Novanta): «Ci sembrava – scrive nel suo Diario – che Dio non voleva che si dicesse: “Parigi, Parigi, tu distruggi Assisi!”, come si è detto per il movimento francescano – non so quanto a proposito perché Dio fa tutte le cose bene e non permette oltre il limite – ma “Parigi, tu coedifichi con Assisi”. Sì, perché lo studio doveva essere vita e la vita luce». Ma nel Movimento così com’è Chiara si sente stretta, e lo va dicendo: sente di dover scattare in quella che verrà poi chiamata “quarta dimensione”, una nuova realtà che, in un primo tempo, lei stessa trova difficile spiegare. Ne è entusiasta Piero Pasolini, che da fisico qual è, le conferma: «Sì, anche in fisica c’è una quarta dimensione». È’ la dimensione dell’Opera una: nasce così il Centro Zero presso il focolare maschile di via Gaetano Capocci. Entrano a farne parte anche don Foresi, Foco, padre Maria e le dodici focolarine e i dodici focolarini (i sette colori e le cinque zone): tutti insieme con Chiara rappresentano l’unità di questa nuova realtà ecclesiale, che a questo punto è composta dall’Ordine (i focolarini) con don Foresi, dal Movimento (l’alone di persone attorno ai focolari) con Foco, e dalla Lega (i sacerdoti diocesani e i religiosi che aderiscono all’Ideale dell’unità) con padre Maria. Risale a quest’anno il nome “Opera di Maria” e per la prima volta viene utilizzato da Chiara il termine “carisma” riferito al dono dell’Ideale: definizione ascoltata in un incontro col padre Augustin Bea, già rettore del Pontificio Istituto Biblico e futuro cardinale.
Pur nella situazione di blocco per i focolari come tali, si vivono momenti di grande slancio d’apostolato allorché viene in rilievo, grazie al rapporto sempre più stretto con padre Maria, la possibilità di una “missione” a favore della Chiesa del silenzio: per prepararvisi, dietro iniziativa della Santa Sede viene costituito il Comitato Mystici Corporis, presieduto da un vescovo polacco, mons. Gawlina: ne fa parte, oltre allo stesso padre Maria come segretario, un gruppo scelto di sacerdoti e religiosi della Lega. (In seguito il Vaticano giudicherà l’operazione troppo difficile e i Focolari si diffonderanno Oltrecortina in tutt’altro modo, attraverso Berlino e con l’aiuto della Conferenza episcopale della Germania dell’Est dal 1959 in poi). A tale missione, concepita ufficialmente come anticomunista, in realtà il Movimento – protetto dal “cappello” del Comitato – riuscirà ad imprimere un tono positivo mediante le cosiddette “giornate”: vi ritorneremo più avanti.
Ancora in quest’anno inizia la missione segreta di Cengia in Cecoslovacchia, al servizio del Vaticano.
Per rimanere in Italia, a Vigo e Pozza di Fassa si svolge il consueto grande incontro estivo che da quest’anno prende nome Mariapoli, “citta di Maria”.Vi partecipa per la prima volta don Silvano Cola, che avrà un ruolo importante nel movimento sacerdotale. Di nuovo la parola ad Enzo Fondi: «Queste manifestazioni tipiche del Movimento che, meglio delle altre ne realizzano la struttura ecclesiale e la vocazione laica e universale, hanno visto, con gli anni, un numero crescente di partecipanti. (…) Per la durata di due mesi, a turni settimanali e quindicinali, una folla d’ogni nazione e d’ogni estrazione sociale, composta da ragazzi adulti famiglie sacerdoti religiosi, era da alloggiare, sfamare, divertire e soprattutto animare con un nuovo modello di vita evangelica. (…) Sono gli innumerevoli piccoli atti di solidarietà che costruiscono il tessuto delle Mariapoli. Quando un gruppo si ritrova per raccontarsi le esperienze della giornata, dalla testimonianza di ognuno nasce una comprensione, un legame, un’atmosfera in cui diventa più semplice e quasi spontaneo il discorso su Dio, sul Vangelo, sulla Chiesa. Quanto è stato nascostamente costruito affiora nelle parole, che divengono veicolo di vita e di amore fraterno. Ciò che rende credibile un discorso è il contatto con chi ha vissuto prima di parlare. E se avvengono conversioni, queste sono frutto di tutta la comunità, più che del singolo, anche se non nasce comunione senza l’amore personale, concreto e penetrante di chi ha dedicato tutto sé stesso alla causa dell’unità e di quelli che a questo amore rispondono, impegnandosi a loro volta».
L’8 settembre, mentre a Vigo sta per terminare la Mariapoli, Chiara, invitata dalla marchesa Pacelli Rossignani e accompagnata da don Foresi e Igino Giordani, parte per Fatima e poi Coimbra, dove incontra suor Lucia. Con l’occasione narra alla religiosa il suo desiderio «di diffondere lo spirito dell’unità cristiana, ravvivando la carità reciproca fra gli uomini», e descrive gli effetti del suo operare fra tanti. «Al termine del colloquio, Lucia ci salutò come una sorellina, promise di pregare per noi, per il nostro lavoro e ci seguì con lo sguardo finché scomparimmo» (scritto del 28 febbraio 1959).
Nel dicembre 1955 il Movimento conta circa 20 mila persone alle quali è giunto il messaggio dell’unità.
Visitando la Roma di Chiara (e dintorni)
Castelfusano – La località, che fa parte del XIII municipio di Roma, è famosa per la sua splendida pineta di 916 ettari: la più ampia area verde della capitale, posta a cinque chilometri a sud-est della foce del Tevere. Negli anni Cinquanta questa era una delle mete di Chiara e dei suoi per delle passeggiate distensive e “contemplative” all’ombra dei pini. Ce ne ragguaglia Eli Folonari, che allora guidava la famosa Fiat Giardinetta comprata con i soldi offerti da De Gasperi: «Al gruppo giunto in auto si aggiungeva Aletta, arrivata col trenino di mezzogiorno, portando il pranzo al sacco. Stendevamo una tovaglia sul prato e imbandivamo il picnic. Poi Chiara distribuiva fra noi qualche pagina dei suoi scritti mistici, quelli dell’estate 1949, che poi commentava».
Torvaianica – Da brava trentina, Chiara preferiva la montagna al mare (che però, diceva, le suggeriva «l’idea dell’infinito»). Tuttavia approfittava, per qualche giornata distensiva, anche delle opportunità offerte dalle località marine più vicine a Roma, tra le quali appunto Torvaianica (il nome deriva da una torre, ora distrutta, fatta costruire nel 1580 per avvistare e difendersi dalle incursioni dei pirati saraceni). L’attrazione del bellissimo lido, dove Virgilio situa lo sbarco di Enea, determinò negli anni Cinquanta un notevole incremento turistico, che ebbe l’apice negli anni Sessanta.
Fregene – In questa cittadina balneare a due passi da Roma, avviata a diventare dopo l’interruzione della guerra meta preferita di un turismo di élite, Chiara e le sue compagne erano solite andarsi a riposare nella villetta tra via Marina di Pisa e via Rosignano, messa a loro disposizione dalla coppia amica degli Alvino. Anche De Gasperi trascorreva a Fregene qualche momento di raro relax. Una domenica dei primi di febbraio 1950, in modo casuale, durante una passeggiata sul lido, avvenne l’incontro tra lo statista trentino e colei che egli ebbe poi a definire l’”animatrice” del Movimento, incontro tanto desiderato da Giordani che proprio quel giorno s’era aggiunto al gruppo delle focolarine. Lo stesso pomeriggio il capo del governo, invitato a prendere il caffè da Chiara, arrivò con la moglie a villa Alvino. Chiara intrattenne l’illustre ospite sugli inizi del Movimento a Trento e sui suoi sviluppi. Doveva trattarsi di un breve saluto, invece «De Gasperi – racconta lei – ascoltò per quasi un’ora immobile e raccolto. Sembrava che per lui ogni parola avesse un peso e un significato. Non fece alcun commento, ma quel suo silenzio era l’eco più eloquente…». «Questa mattina – confidò poi De Gasperi a Giordani – ero disperato (la ricostruzione e il riassetto economico del Paese procedevano a fatica e c’era penuria di pane, ciò che alimentava il malcontento del movimento operaio e sindacale – n.d.r.). Ora riparto con fiducia e speranza nuove». Verso la metà di quello stesso mese, De Gasperi rivide a Fregene Chiara, che gli parlò stavolta del misterioso grido di Gesù sulla croce, «quindi della realtà dolore-amore da cui non si può prescindere se si vuole realizzare l’ut omnes unum sint». Quelle parole e il racconto, da parte dei focolarini presenti, di come l’Ideale dell’unità si andasse diffondendo nei più diversi ambienti, fecero molta impressione sullo statista, che nell’esperienza del Movimento intravide «la vera soluzione dei problemi che congestionavano la pubblica amministrazione, l’apparato statale, paralizzandone la vita». Fu l’inizio di una profonda amicizia spirituale da cui De Gasperi trasse sostegno e conforto nel suo gravoso compito, fino alla morte avvenuta il 19 agosto 1954. Esprimono l’intensità di questo rapporto alcune sue toccanti lettere a Chiara.
Sempre dalla villetta di Fregene, il 18 marzo 1952, vigilia della festività di San Giuseppe, Chiara descrisse qualcosa della sua “notte oscura”. Ecco un brano di quello scritto: «E venne la notte. Terribile come sa solo chi la prova. Tenterò, se Dio vorrà, di descriverla a parte. In poche parole essa mi tolse tutto: tutto quanto avevo riavuto nei miei anni di Ideale. Avevo Dio in sé e Dio nell’universo come vita del tutto. La prova mi tolse la vita fisica e spirituale. Mi mancò la salute (nel modo più terribile e crudo) e mi mancò la pace e cioè Dio. Capii in quei giorni come la carità fosse tutto: come la vita fosse amore. Mancandomi l’amore mi mancò la vita. Accettai come Dio sa, fra dolori inenarrabili, quest’oscurità in cui ormai più nulla aveva valore ed il Signore mi fece pronta ad un’altra prova. Frutto del mio grido erano e popi e le pope: il corpo mistico nostro. Dovevano essermi tolti per essere non solo come Gesù abbandonato, ma come Maria desolata».
Istituto Marymount – In via Nomentana 355, proprio accanto alla basilica di Sant’Agnese, sorge questa scuola paritaria diretta dalle Suore del Sacro Cuore di Maria. Un giorno, andando a far visita alla marchesa Elisabetta Pacelli Rossignani, che aveva il suo alloggio presso queste suore, Chiara si sentì interpellare da una di loro: «Come fa a seguire un movimento così vasto?». E Chiara, con tutta semplicità: «Ma io non seguo il movimento, io seguo Dio».
Via Valnerina n. 58 – Da via Tigrè, nel 1955 Chiara traslocò in un appartamento in via Valnerina n. 58 (ingresso secondario in piazza Palombara Sabina n. 13). Vi rimase per un decennio. Per lei furono anni di grandi sofferenze spirituali (minacce di scioglimento del movimento) e anche fisiche (incidente automobilistico del maggio 1957), ma anche di grandi gioie (udienze papali e prime approvazioni, culminate con quella definitiva del 2 dicembre 1969); anni di sviluppo, di viaggi, di irradiazione in altri Paesi e abbondanti frutti apostolici (esplosione dei convegni estivi o Mariapoli, contatti con personalità carismatiche, missione Oltrecortina a favore della “Chiesa del silenzio”, apertura all’ecumenismo, nascita della stampa del movimento, fondazione della cittadella di Loppiano…). «Il salone di via Valnerina – ricorda Eli Folonari – in occasione del Natale vedeva riuniti attorno a Chiara tutte le focolarine e poi i focolarini di allora. Talvolta lei stessa intratteneva gruppi di bambini sul grande terrazzo». Ed è ancora Eli a narrare come nel 1955 in questo appartamento, «su un’asse da stiro, con due magnetofoni facevo fino a tardi le copie dei discorsi di Chiara per i focolarini. Nello stesso anno era stata regalata a Chiara anche una cinepresa a 16 mm. Iniziava così per noi l’uso dei mezzi di comunicazione. Nel 1956, al piano di sotto, si componeva un foglio di aggiornamento, quel 24 ore d’unità diventato poi 48 ore d’unità. Era preparato da Bruna e da Vita a ciclostile».
Due piani sotto l’appartamento di Chiara, all’interno 5, abitarono per un periodo i suoi genitori. Il papà Luigi morì qui il 24 febbraio 1963, assistito amorevolmente dalle focolarine e dai focolarini. Nell’ultimo periodo della sua malattia, Chiara lo ringraziò della benedizione con cui, il 13 maggio del 1944, le aveva dato il permesso di seguire la sua strada. Ma lui molto umilmente se ne schermì. Tempo prima, rispondendo ad una lettera di Elena Alvino, il papà aveva confidato di non essere rattristato per il distacco da Silvia (il nome di battesimo di Chiara): «Figlia di Dio, lavora per lui, per lui che è il Padre di tutti. A me non resta che ringraziarlo eternamente d’avermi scelto a papà, qui in terra, e d’avermi dato la gioia d’averla amata e compresa per primo».
Stazione Libia della Metro B1 – Questa stazione di recente costruzione è sorta nei pressi dei focolari “storici” di via Tigrè e di via Valnerina (o piazza Palombara Sabina), dove abitò Chiara nei primi tempi della sua permanenza a Roma. Il 14 marzo 2013 la stazione è stata intitolata a Chiara, presenti alla cerimonia Emmaus e il sindaco Alemanno. La targa apposta, in marmo bardiglio grigio, recita: CHIARA LUBICH/ (1920-2008)/ FONDATRICE DEL MOVIMENTO DEI FOCOLARI/ CITTADINA ONORARIA DI ROMA/ DA DOVE HA DIFFUSO NEL MONDO L’IDEALE DELLA FRATERNITA’ UNIVERSALE/ + S.P.Q.R. 14 MARZO 2013
Pontificio istituto Biblico – Questa istituzione universitaria della Santa Sede, fondata nel 1909 da Pio X e affidata alla Compagnia di Gesù, ha sede nel palazzo Muti Papazzurri in pieno centro di Roma, piazza della Pilotta, di fronte all’Università Gregoriana. Nell’ottobre del 1955 Chiara vi incontrò l’allora rettore, padre Augustinus Bea, al quale mons. Hniliça (padre Maria) aveva parlato del Movimento. Alla fine del colloquio, spontanea la reazione del futuro cardinale e presidente del Segretariato per la promozione dell’unità dei cristiani: «Ma questo è un carisma!». Era la prima volta che Chiara sentiva definire così il suo Ideale. Da allora in poi, incoraggiata dall’autorevolezza del personaggio, Chiara si sentì autorizzata anche lei ad usare questa espressione.
Rispondi