COMUNICATO STAMPA
Roma, 30 maggio 2017
REALTÀ ECCLESIALI IN DIALOGO, TRA FEDELTÀ E CREATIVITÀ
Cosa accade in un movimento carismatico come la Fraternità di Comunione e Liberazione o il Movimento dei Focolari dopo la morte del fondatore? Come può, una realtà ecclesiale come l’Azione cattolica, conservare e rigenerare la propria identità dopo 150 anni? Se n’è parlato lunedì 29 maggio a Roma, nel corso della presentazione del libro “Fedeltà creativa” (Città Nuova), alla presenza di don Juliàn Carròn (presidente della Fraternità di Comunione e Liberazione) e Maria Grazia Vergari (vice presidente della sezione adulti di Azione Cattolica), che hanno dialogato con l’autore del testo, Jésus Mòran, copresidente del Movimento dei Focolari.
Anche dopo la morte dei fondatori, il carisma continua a parlare alla Chiesa e ai fedeli. E lo fa anche grazie ai doni dello Spirito Santo, che sono però diversi, ha spiegato Mòran, da quelli presenti quando il fondatore era vivo. «La vera sfida – ha aggiunto il copresidente dei Focolari – è come continuare ad essere sé stessi, senza essere mai uguali. Questa è la grossa sfida dell’identità. Quanto più un’identità sopporta le diversità, più è forte. Un’identità che sopporta poco le diversità è un’identità debole. Questa è una grossa sfida. Quando il fondatore parte, c’è un momento in cui noi ci vediamo e vediamo addirittura l’opera nata dal cuore del fondatore in un modo diverso, senza la sua luce. Cominciamo a vedere noi stessi ed è più evidente il divario tra quello che noi siamo e quello che il carisma è». A questo punto, il pericolo è rappresentato da due grandi tentazioni: il rischio della fuga in avanti e quello del dire: “si è fatto sempre così”. La tentazione della fuga in avanti, spiega Mòran, si verifica quando «non siamo più così forti e cerchiamo le risposte altrove. Cominciamo a dubitare addirittura del fondatore stesso, a non leggerlo, a non ascoltarlo. Cominciamo a dubitare del carisma, invece dovremmo dubitare di noi, metterci in questione». L’altra tentazione è quella di arroccarsi, come dice papa Francesco, nel “si è fatto sempre così”, cioè il fondatore ha risposto a tutto e quelle parole bisogna solo ripeterle per affrontare l’oggi, ma questo – sottolinea Mòran – «non è fare giustizia al fondatore, che vorrebbe una cosa diversa. È importante che qualcuno sottolinei sempre: “non perdiamo la tradizione”, ma è importante anche che qualcuno dica: “bisogna essere creativi”. Mantenersi in questa tensione è dallo Spirito. Come si fa? Dobbiamo appellarci alle grandi cose che ci hanno lasciato».
L’attualizzazione del carisma, per don Juliàn Carròn, è «un tentativo di immedesimazione con l’origine, come poter immergersi nell’origine per poterlo attualizzare nel modo adeguato. Sono come due facce della stessa moneta, più ci immedesimiamo, più potremo attualizzarlo in modo fedele». «Il metodo di Dio – ha dichiarato don Carròn – prevede che non tutti siano toccati allo stesso tempo. Carròn cita una frase famosa di Péguy: “Quando l’allievo non fa che ripetere non la stessa risonanza, ma un miserabile ricalco del pensiero del maestro; quando l’allievo non è che un allievo, fosse pure il più grande degli allievi, non genererà mai nulla. Un allievo non comincia a creare che quando introduce egli stesso una risonanza nuova”. Non è che non si debba avere un maestro, ma uno deve discendere dall’altro per le vie naturali della figliolanza, non per le vie scolastiche della discepolanza. È qui tutta la sfida».
«L’Azione Cattolica è stata profetica – spiega Maria Grazia Vergari -, perché ha saputo portare le domande del mondo ai pastori e uscire dagli schemi per annunciare il Vangelo. È sempre stata fedele e audace. È stata con i piedi nella chiesa locale e le braccia e la testa nella Chiesa universale. L’Azione Cattolica è stata capace di aprire le porte della Chiesa e su quella soglia non vuole starci da sola. Ho fatto un elenco delle parole tipiche dell’Azione Cattolica che l’hanno fatta essere fedele al proprio mandato. L’ascolto delle persone, delle realtà locali, anche le più piccole, facendosi raccontare da loro come vedono l’associazione. Significa vivere la sinodalità come un processo in cui si costruisce insieme. È un ascolto che permette di essere legati ad una identità perché le comunità locali portano istanze, domande, a cui l’Azione Cattolica non può non rispondere. Altro aspetto è l’aver coltivato relazioni belle, legami forti, e il saper narrare questa passione per la Chiesa e per il mondo. Anche l’idea del protagonismo laicale non si improvvisa: da sempre, sin da bambina, io potevo annunciare il Vangelo lì dove ero e questo era riconosciuto da tutti ed era la Chiesa stessa che mi rendeva protagonista. Anche questo è frutto di un’attenzione reciproca, di un custodirsi reciprocamente laici e pastori, di un continuo confronto vigoroso. Dunque, ascolto e relazioni nella libertà». Molto importante, nella lunga vita dell’Azione Cattolica, è sempre stata anche la libertà: di esserci ma anche di andar via. «Questo lasciare andare – ha affermato Vergari – a volte è generativo. A volte alcune crisi diventano generative per le persone, ma anche per i gruppi, per le associazioni. Il terzo aspetto che permette all’Azione Cattolica di mantenere un’identità è l’attitudine al discernimento, cioè alla ricerca comune, e a coltivare luoghi di discernimento. C’è un “come” che ci ha permesso di restare in piedi dopo 150 anni: l’ascolto, le relazioni belle, vere, e l’attitudine al discernimento».
Ecco la diretta della presentazione
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Elena Cardinali
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